Dal primo peccato al peccato sociale nel libro della Genesi
Nella descrizione del " primo peccato", la rottura con Jahve taglia nello stesso tempo quel legame d'amicizia che univa la famiglia umana, a tal punto che le pagine seguenti della Genesi ci mostrano l'uomo e la donna che, per così dire, puntano l'uno verso l'altra il dito accusatore (Gn 3); dopo di ché abbiamo in Caino un fratello che, ostile a suo fratello, finisce per togliergli la vita (Gn 4). Secondo il racconto della storia di Babele, la conseguenza del peccato è il frantumarsi della famiglia umana (Gn 11), un processo già cominciato in occasione del primo peccato, ma ormai arrivato al suo apice e mentre sta prendendo una dimensione sociale.
Rottura tra gli uomini e nei confronti di Dio
Per chi vuole cercare di penetrare il mistero del peccato, è impossibile non tenere conto di questo concatenarsi di causa ed effetto.
Come rottura con Dio, il peccato è l'atto di disobbedienza d'una creatura che rifiuta, almeno implicitamente, quello che è alla sua origine e che la mantiene in vita; è dunque un atto suicida. Per il fatto che con il peccato l'uomo rifiuta di sottoporsi a Dio, il suo equilibrio interno è distrutto ed è nel profondo del suo essere che nascono le contraddizioni e i conflitti.
Così lacerato, l'uomo causa in modo quasi inevitabile una lacerazione nella trama delle sue relazioni con gli altri uomini ed il mondo creato. E'una sorta di legge, un fatto oggettivo che si verifica in tante esperienze della psicologia umana e della vita spirituale, ed anche nella realtà della vita sociale dove è facile osservare le varie ripercussioni ed i segni del disordine interiore.
Il mistero del peccato contiene questa doppia ferita che il peccatore procura a sé stesso ed anche nelle sue relazioni con il suo prossimo. Per questo si può parlare di peccato personale e sociale: qualsiasi peccato è personale, secondo un certo punto di vista, ma è anche vero che qualsiasi peccato è anche sociale in sé stesso, e perché ha anche conseguenze sociali. [...]
Situazione di peccato sociale ed accumulo dei peccati personali
Quando la Chiesa parla di situazioni di peccato o quando denuncia come peccati sociali alcune situazioni o certi comportamenti collettivi di gruppi sociali più o meno ampi, o anche dell'atteggiamento di nazioni intere e blocchi di nazioni, essa sa e proclama che questi casi di peccato sociale sono il frutto, l'accumulo e la concentrazione di molti peccati personali. Si tratta di peccati completamente personali commessi
- da parte di quelli che suscitano o favoriscono l'iniquità, cioè la applicano;
- da parte di quanti hanno il potere di fare qualcosa per evitare, eliminare o almeno limitare alcuni mali sociali, omettono di farlo per incuria, per timore e comodo derivante dal silenzio, per complicità mascherata o per indifferenza;
- da parte di quelli che cercano rifugio nella presunta impossibilità di cambiare il mondo; ed infine
- da parte di quelli che vogliono risparmiarsi lo sforzo o il sacrificio prendendo a pretesto ragioni d'ordine superiore. Le vere responsabilità sono dunque quelle delle persone.
Una situazione e, allo stesso modo, un'istituzione, una struttura, una società, non è, in quanto tale, soggetto di atti morali; e per questo non può essere, di per sé, buona o cattiva. A l' origine di qualsiasi situazione di peccato si trovano sempre degli uomini peccatori. E' così vero che, se una situazione simile può essere modificata nei suoi aspetti strutturali ed istituzionali con la forza della legge o, come avviene troppo spesso, con la legge della forza, in realtà il cambiamento si rivela incompleto, poco duraturo e, in definitiva, inutile ed inefficace - per non dire addirittura che produce un effetto contrario - se le persone direttamente o indirettamente responsabili di una tale situazione non si convertono. [...]
Vi invito a rivolgervi insieme a me verso il Cuore Immacolato di Maria, madre di Gesù, nella quale è avvenuta la riconciliazione di Dio con l'umanità, è stata completata l'opera della riconciliazione, poiché ella ha ricevuto da Dio la pienezza della grazia in virtù del sacrificio redentore di Cristo. In verità, Maria è diventata, con la sua maternità divina, " l'alleata di Dio" nell'opera della riconciliazione.
Il suo " Fiat" ha segnato l'inizio della " pienezza dei tempi" chi ha visto realizzarsi con il Cristo la riconciliazione dell'uomo con Dio. E' tra le mani di questa madre, è al suo Cuore Immacolato - al quale abbiamo affidato più volte l'umanità intera perturbata dal peccato e lacerata da tante tensioni e conflitti - che io affido in modo speciale quest'intenzione: che per il sua intercessione, l' umanità scopra e percorra il cammino della penitenza, l' unico cammino capace di condurla ad una riconciliazione totale!
Giovanni Paolo II,
Esortazione Apostolica Reconciliatio et poenitentia § 15-16 et § 35,
dato a Roma il 2 dicembre 1984
Diamo alcuni esempi (1):
- Nell'educazione: la cultura della contestazione, della cavillosità, dei pettegolezzi, della mancanza di rispetto, che coinvolge i bambini ma anche gli autori di programmi culturali destinati ai giovani e agli educatori. La struttura di peccato rende il bene sempre più difficile per tutti.
- Nella giustizia: cattive leggi, complicate, cause interminabili in attesa di giudizio, concluse con giudizio sbagliato ecc. Anche qui, l'accumulo di peccato rende l'esercizio del bene difficile.
- Nell'economia: le finalità unicamente finanziarie che fanno perdere di vista gli scopi reali per un bene comune. La ripartizione ingiusta dei beni, la mancanza di rispetto per la persona che lavora, per l'ambiente, e la scusa " lo fanno tutti".
- Nelle relazioni politiche: la corruzione dei governi, le aggressioni territoriali, che generano divisioni e stimolano l'odio all'interno dei paesi e n elle relazioni internazionali.
- Nella cultura: la banalizzazione dell'odio, ma anche di tutti i vizi.
(1) Cfr. Jacques Bichot : La personne humaine aux prises avec les structures de péché, Sous la direction de : Paul H. Dembinski, Nicolat Buttet, Ernesto Rossi di Montelera, Car c'est de l'homme dont il s'agit, Parole et Silence, DDB 2007., p. 129-142