Enciclopedia mariana

Tradizione apostolica (approfondito) : Maria nella più antica preghiera eucaristica

Maria nella più antica preghiera eucaristica

Introduzione

L'anafora della Tradizione apostolica figura la più antica anafora eucaristica finora conosciuta. È un testo che affascina gli studiosi della liturgia. I motivi di tale fascino sono vari : l'antichità del testo, la teologia arcaica, l'influsso che ha esercitato sulla struttura e sui contenuti delle altre preghiere eucaristiche, l'aura di mistero che la circonda, poiché non sappiamo chi ne sia l'autore (attribuita un tempo a Ippolito di Roma), quale il luogo di composizione (di incerta origine - alessandrina ?, romana ?) quale la data precisa, se pure certamente molto antica :

Lo scritto risale al primo quarto del terzo secolo (vale a dire prima di 225) il testo scritto trasmette una tradizione che risale probabilmente molto più presto ancora ; l'originale greco è perso, ne abbiamo delle traduzioni latine, copte, arabi, etiopi...

In quel tempo, la creazione dell'anafora era libera, l'autore della tradizione apostolica ha scritto questo bel testo, come una proposta e non già siccome una norma fissa.

 

Nel 1970 è entrata nel Missale Romanum come Prece eucaristica II.

 

1) Presentazione dell'anafora

Il passaggio della liturgia ebraica alla liturgia cristiana fu progressivo. Il genere letterario dell'anafora eucaristica della tradizione apostolica è la Berakah, ed il Birkat hamazon, la preghiera ebraica che fa il memoriale degli avvenimenti della liberazione che Dio ha compiuto (senza un avvenimento di saluto, non c'è liturgia) e offre un ringraziamento a Dio per i beni della creazione.

Allontanandosi dai suoi modelli giudaici l'anafora della Tradizione apostolica rivolge immediatamente la lode riconoscente al Signore per aver inviato nel mondo il suo «diletto servo Gesù Cristo [...] come salvatore e redentore», nel Cristo la storia della salvezza è riassunta. Alla creazione vi è solo un riferimento: «per mezzo del quale [il Verbo] facesti ogni cosa ».

 

Questa preghiera si è ispirata alle omelie pasquali della liturgia della notte di Pasqua (la Pasqua nel suo doppio senso di passione dell'agnello messo a morte e nel senso di passaggio verso il Padre e verso la gloria) a cominciare dal celebre Perì Pascha di Meliton di Sardo nel secondo secolo.

 

È una preghiera trinitaria, si rivolge al Padre, per il Cristo, col santo Spirito : "[Noi] ti rendiamo grazie o Dio per il tuo diletto servo Gesù Cristo (...) [a te] Padre, e al Figlio con il santo Spirito"

 

La preghiera esprime una realtà su Gesù (cristologia): Gesù è il figlio amatissimo del Padre, come fu manifestato nel suo battesimo al Giordano ed alla sua trasfigurazione.

La preghiera esprime la sua missione di salvezza (soteriologia).

La preghiera esprime il disegno del Padre e l'unione del Padre con il Figlio: il Padre e il Figlio sono inseparabili. L'idea di messaggero sottolinea che il Cristo è mandato del Padre (Gv 5), compie la salvezza la quale è il disegno del Padre. Il Cristo è "il tuo Verbo inseparabile per cui hai creato tutto" si ispira del Prologo di Giovanni (Gv 1). Il Cristo è chiamato "servo", in latino "puer", in greco "pais" che significa servo, come nei carmi del servo del libro di Isaia.

Dio salva tramite la sua solidarietà con noi, perché si è fatto uomo.

Gesù è la manifestazione del Padre "si è manifestato come tuo Figlio", questa manifestazione è stata data sulla croce e nella Risurrezione.

 

Ecco il testo antico :

 

"Ti ringraziamo, o Dio, per[2] il tuo diletto Servo Gesù Cristo, che negli ultimi tempi mandasti a noi [come] salvatore e redentore e messaggero della tua volontà ;

lui, che è il tuo inseparabile Verbo, per mezzo del quale facesti ogni cosa, e [che], nella tua compiacenza, mandasti dal cielo nel seno di una Vergine ;

ed egli essendo stato concepito nel grembo, si incarnò e si manifestò [come] tuo Figlio, nato dallo Spirito santo e dalla Vergine.

 

Egli, volendo compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, stese le mani mentre pativa, per liberare dalla passione coloro che in te hanno creduto.

Egli, quando si consegnava alla volontaria passione, per sciogliere [il potere del] la morte e rompere i vincoli del diavolo per calpestare l'inferno e illuminare i giusti, per fissare il limite [della morte] e manifestare la risurrezione, prendendo il pane [e] rendendo ti grazie, disse: "Prendete, mangiate: questo è il mio corpo, che per voi sta per essere spezzato". Allo stesso modo [ prese] anche il calice, dicendo : "Questo è il mio sangue, che per voi sta per essere versato. Quando fate questo, [voi] fate il mio memoriale !"

 

Celebrando dunque il memoriale della sua morte e risurrezione [noi] ti offriamo il pane e il calice, rendendo ti grazie perché ci hai resi degni di stare dinanzi a te e di servirti.

E ti chiediamo di mandare il tuo Spirito santo sull'offerta della santa Chiesa, [perché,] radunando[li] in un solo [corpo], dia a tutti coloro che partecipano ai santi [misteri] di essere riempiti di Spirito santo, per la conferma della fede nella verità, affinché ti lodiamo e ti glorifichiamo per il tuo servo Gesù Cristo, per mezzo del quale a te [è] la gloria e l'onore, ( [a te] Padre, e al Figlio con il santo Spirito) nella tua santa Chiesa,ora e nei secoli dei secoli, Amen."

 

Maria nell'anafora della Tradizione apostolica

Nel «rendimento di grazie», la Vergine è menzionata due volte (non sono ricordati infatti né gli angeli né i patriarchi né i profeti né gli apostoli o martiri) :

 

« Ti ringraziamo, o Dio, per il tuo diletto Figlio Gesù Cristo, che negli ultimi tempi mandasti a noi come salvatore e redentore e messaggero della tua volontà [...], mandasti dal cielo nel seno di una Vergine ed egli essendo stato concepito nel grembo, si incarnò e si è manifestò come Figlio tuo, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine».

 

- «gli ultimi tempi» sono quelli in cui Dio ha mandato sulla terra il suo «Figlio diletto», il suo «Verbo inseparabile» perché si facesse uomo. L'espressione «ultimi tempi» è da collegare con Galati 4,4 («Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna») e con la grande tradizione giovannea del Figlio quale «inviato dal Padre». Il tempo in cui è venuto Gesù è l'ultimo non solo in senso cronologico, ma anche in senso qualitativo : determina la «pienezza del tempo», espressione che designa il compimento definitivo dell'epoca preparatoria e l'inizio di un'epoca nuova che dà significato e valore a tutto l'arco della storia.

 

- "mandasti a noi come salvatore e redentore e messaggero della tua volontà [...], che hai mandato dal cielo nel seno di una Vergine" : l'Incarnazione è un invio : in essa uno invia, il Padre, l'altro è inviato, il Figlio. L'invio ha un percorso di kenosis: dal cielo, cioè da Dio, al grembo di una Vergine. Lo scopo è la salvezza del genere umano.

 

- L'espressione "nel seno di una Vergine" attesta la fede della Chiesa nella reale umanità di Cristo contro la tendenza del docetismo gnostico a ridurre il corpo del signore a una semplice apparenza, Dio visita realmente il suo popolo ; l'espressione rileva anche la singolarità dell'evento e la sua origine divina: il fatto inaudito di una Vergine che concepisca e partorisca (cf. Is 7, l4 ; Mt l, 23 ; Lc 1,27. 31) è opera non dell'uomo ma dello Spirito di Dio (cf. Lc 1,35)[3] ; "Vergine" allude anche alla perfezione morale di Maria.

 

- "ed egli essendo stato concepito nel grembo" («in utero habitus») : ritroviamo affermata la realtà dell'Incarnazione. Tuttavia di essa viene considerata ora non tanto la scesa del Verbo nel grembo di Maria quanto la sua permanenza nel ventre della Vergine.

 

- «nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine». L'espressione riecheggia la formula del simbolo battesimale di cui la stessa Tradizione fornisce uno dei testi più antichi : «Credi in Cristo Gesù, Figlio di Dio, che è nato per mezzo dello Spirito Santo dalla Vergine Maria [...] è morto ed è risorto il terzo giorno ?» (Tradizione Apostolica 21). Il motivo per cui viene rivolta al battezzando questa domanda prima che egli venga immerso nelle acque del fonte battesimale è evidente: perché la concezione-nascita verginale di Cristo, Figlio di Dio, appartiene al nucleo centrale della fede.

 

Quest'arcaica menzione della Vergine non scomparirà più dall'anafora eucaristica ma sarà un elemento presente in ogni prece eucaristica, destinato ad acquisire progressivo rilievo cultuale.

Il motivo di tale menzione non è venerare la Madre del Signore ma glorificare Dio per il dono di Gesù, suo Figlio, nato dalla Vergine. Ma tale menzione, che ha luogo in un contesto marcatamente liturgico, mette in rilievo la funzione essenziale che Maria ha svolto nella storia della salvezza : essa è la madre Vergine di Cristo, Verbo di Dio, salvatore dell'uomo.

Dal punto di vista liturgico non è fuori luogo affermare che la venerazione alla Madre del Signore è sorta presso l'altare del Signore e il fonte battesimale.

 


[1] Cf. Meliton di Sardes, De corpo e anima, traduction de O. Perler, SC 123, Cerf, 1966, p.238-240

[2] Dobbiamo riconoscere alla preposizione latina "Per + accusativo" un valore causale (ringraziamo per Cristo, a causa di lui) e non semplicemente un valore mediale (ringraziamo per mezzo di Cristo).

[3] l'affermazione della maternità verginale era tanto più necessaria in quanto, fin dalla fine del secolo I, in ambienti eterodossi di matrice giudeo-cristiana gli ebioniti ed altri -, essa veniva negata : Gesù - sostenevano era figlio di Giuseppe e di Maria, concepito e nato come tutti gli altri uomini.


Bibliografia :

Ignazio CALABUIG, Il culto di Maria in occidente, In Pontificio Istituto Liturgico sant'Anselmo, Scientia Liturgica, sotto la direzione di A.J. CHUPUNGCO, vol V, Piemme 1998. p. 270

C. GIRAUDO. La struttura letteraria della preghiera eucaristica. Saggio sulla genesi letteraria di una forma. Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1981, (Analecta Biblica 92). Cap. VII / II. L'anafora della Tradizione apostolica, pp. 290-295.

C. GIRAUDO. Eucaristia per la Chiesa. Prospettive teologiche sull'eucaristia a partire dalla «lex orandi» Roma - Brescia I E. P .U .G . Morcelliana, 1989, pp. 410-411.

 

F. Breynaert