Enciclopedia mariana

Marco 3, 31-35 e Matteo 12, 46-50

Marco 3, 31-35 e Matteo 12, 46-50

Marco 3, 31-35 :

31 Nel frattempo viene la madre con i suoi fratelli, e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Or la folla sedeva intorno a lui; e gli dissero: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro, dicendo: «Chi è mia madre, o i miei fratelli?». 34 Poi guardando in giro su coloro che gli sedevano intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli. 35 Poiché chiunque fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, mia sorella e madre».

(Mc 3,31-35)

 

La contrapposizione serve a mettere in risalto la "nuova" parentela, non a disprezzare la prima. Se questa seconda ha valore è perché si è aperta una possibilità immensamente più grande (e disponibile per tutti), di fronte alla quale i legami del sangue sono del tutto impotenti: non è da questi legami che nasce la comprensione del mistero di Gesù, né sono questi legami che garantiscono l'appartenenza alla comunità dei discepoli.

 

Matteo 12, 46-50 :

" 46 Ora, mentre egli parlava ancora alle folle, ecco sua madre e i suoi fratelli i quali, fermatisi fuori, cercavano di parlargli. 47 E qualcuno gli disse: «Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e cercano di parlarti». 48 Ma egli rispondendo, disse a colui che lo aveva informato: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli ?». 49 E, distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli. 50 Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre».

(Mat 12,46-50)

 

La pericope si ricollega all'indietro - "in modo non rigido" - a un'ampia sezione ( che inizia in 11,2), nella quale si sviluppa il confronto polemico con i rappresentanti del giudaismo: un disaccordo che giunge sino alla rottura. E si collega in avanti con il discorso in parabole, che segna il distacco di Gesù dalle folle. Posta fra le due sezioni, la nostra pericope potrebbe esemplificare una terza forma di distacco, quello di Gesù dalla famiglia (1).

Ma probabilmente la funzione prioritaria della pericope e qui un'altra: rifiutato dalle autorità e abbandonato dalla folla, Gesù addita la presenza della sua vera comunità (quella dei discepoli) e indica le condizioni, offerte a tutti, per farne parte.

 

Entrare nella famiglia di Gesù

Anche in Matteo - come già si è supposto per Marco - la simultanea menzione della madre, dei fratelli e delle sorelle vuole suggerire l'immagine di una vera famiglia, non semplicemente di una qualche fraternità. L'immagine della famiglia dice qualcosa di più intimo e di più articolato della fraternità (2).

 

Curiosamente la pericope inizia dicendo che Gesù "parlava ancora alle folle", ma poi queste scompaiono e Gesù addita soltanto i discepoli. Questo può suggerire che il paradigma sono i discepoli, ma i destinatari ultimi sono le folle, come è confermato dal "chiunque" della battuta conclusiva.

 

Matteo - come già a Marco - interessa la figura della nuova famiglia di Gesù, non anzitutto il distacco dalla prima. Il distacco è per esaltare il primato della nuova parentela, e per indicare la totalità di appartenenza che questo primato esige. Se Gesù si "stacca" dalla sua famiglia non è perché incompreso e rifiutato (di questo non c'è alcun cenno in Matteo), ma perché non può consentire alcuna pretesa nei suoi confronti da parte di nessuno, né dei parenti né di altri. Egli appartiene totalmente al Regno e alla sua missione. È l'appartenenza - qui espressa nella formula "fare la volontà del Padre mio" - che rende fratelli e madre: non soltanto fra noi, ma con Gesù.

 

La figura del Padre è emergente: la familiarità è con Gesù ma ciò che decide di questa familiarità non è il fare la sua volontà, bensì quella del Padre.

Del resto l'obbedienza al Padre è anche il costitutivo - se così si può dire - della "filiazione" di Gesù, come è suggerito dalle parole dei sacerdoti che scherniscono il Crocifisso (Mt 27,43): "Ha confidato in Dio; lo liberi ora, se lo ama. Ha detto infatti: sono Figlio di Dio". Confidare dice l'obbedienza fiduciosa, l'atteggiamento di chi pone la propria vita nelle mani di un altro. È la forma più radicale dell'obbedienza. I sommi sacerdoti mostrano intuizione legando insieme l'obbedienza di Gesù al Padre e il suo essere Figlio. È nella totale obbedienza al Padre che Gesù attua la sua filiazione (3).

 

Conclusione

Non è avvertibile in questa pericope di Matteo un vero interesse teologico per Maria. Semplicemente l'evangelista pone un principio - il primato dell'obbedienza a Dio - che vale per tutti, anche per la madre. La ricca teologia mariana di Matteo è tutta concentrata nei due capitoli dell'infanzia. Ma proprio da questi due capitoli può venire - di riflesso - per la nostra pericope una luce che Marco non ha potuto offrirci: Maria - e questo il lettore lo deve già sapere non è soltanto la donna che ha generato Gesù, ma la madre che ha perfettamente compiuto la volontà di Dio, accompagnando il Figlio nel suo cammino.

 


(1) cf. P. BONNARD, L’Evangile selon saint Matthieu, Neuchâtel 1963, p. 186.

(2) Santi GRASSO, Gesù e i suoi fratelli. Contributo allo studio della cristologia e dell’antropologia nel Vangelo di Matteo, Bologna 1994, p. 31

(3) Cf. B. MAGGIONI, I racconti evangelici della Passione, Assisi 1994, p.286.

 


Bruno MAGGIONI

 

Extraits de Bruno MAGGIONI, Lettura sincronica di Mc 3,20-21.31-35 e par,

in Theotokos II (1994/2) p.11-26.