La cornice
Iniziando dalla periferia, addirittura dalla cornice del brano, si nota subito il parallelismo tra il v.40 e il v. 52 ["cresceva" - sapienza" - "grazia"]
La progressione
Mentre, però nei vv.41-42 soggetto dei verbi sono i genitori ["si recavano a Gerusalemme"... "salirono"], nel v. 51 il soggetto è il fanciullo [partì con loro e tornò a Nàzaret"].
Dal v 43, comincia ad emergere in maniera piuttosto netta la figura di Gesù. Non si dice che i genitori smarrirono il ragazzo, ma «il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme».
I versetti 44-45 sono sotto il segno del cercare e del non-trovare. Il v. 46, al contrario, è caratterizzato dal risultato: lo trovarono. Anche qui i genitori sono il soggetto della frase, ma non v'è dubbio che il protagonista, colui che campeggia sulla scena, è il fanciullo seduto in mezzo ai dottori, intento ad ascoltarli e interrogarli.
Il cuore del messaggio
Nei vv. 46-47, secondo autori come Bultmann e De Jonge, ci sarebbe lo stesso centro del brano. Pur giudicando tale posizione unilaterale ed eccessiva, riteniamo che la rivelazione della sapienza di Gesù dodicenne sia uno dei due punti fondamentali del testo[1].
Laurentin, sottolinea pure la dimensione sapienziale del brano, ipotizzando rapporti con la letteratura sapienziale, in particolare col brano di Sir 24. Ma al di là di questi sviluppi discutibili, Laurentin concentra l'attenzione, come è giusto, sui vv. 48-50, che costituiscono il cuore del brano e per conseguenza il punto di riferimento degli elementi sapienziale.
La nostra pericope presenta due centri d'interesse, rispettivamente l'episodio di Gesù sapiente tra i dottori (v. 46) e la sua autorivelazione quale Figlio del Padre (v. 49). Le due scene non sono semplicemente giustapposte, ma coordinate e interdipendenti. Il v. 46, mostrando l'intelligenza eccezionale del fanciullo, prepara la manifestazione suprema di tale sapienza nel v. 49, quando egli solleverà il velo sulla sua identità di Figlio di Dio. D'altra parte, è proprio questa condizione di Figlio - che sta all'origine dell'intelligenza del fanciullo - a renderlo non solo superiore ai dottori della legge, ma a conferirgli una sapienza più grande di quella di Salomone (cf. Lc 11,31).[2]
Secondo qualche autore, in 2,41-51 ci sarebbe uno schema di rivelazione, articolato in tre momenti: la salita su un luogo elevato, la rivelazione e quindi la discesa, disegno non raro nella Scrittura :
"Leggendo l'inizio e la fine del racconto, possiamo vedere un schema di rivelazione, come quella sul monte Sinai, comincia con una salita su un alto luogo (Lc 2, 42) dove si svolge la rivelazione e si finisce con una discesa (Lc 2, 51).
Nel tempio Gesù rivela la sua sapienza, dialogando con i dottori della legge ; ai genitori, poi, rivolge una parola, avvolta di mistero, sulla propria filiazione divina."[3]
La finale
La finale pone in luce il paradosso del Figlio di Dio - che dipende unicamente dal Padre - il quale ritorna ad una vita di obbedienza ai genitori terreni. v. 50: egli si sottomette a persone che non possono comprendere il mistero profondo del suo essere e le esigenze radicali del Padre. L'anomalia è iscritta nello stesso v. 51 a, in cui il soggetto-protagonista è proprio quel fanciullo. Certo si ritorna a Nazaret, ma non per un' imposizione: il soggetto dei verbi è lui, il fanciullo.
Note :
[1] Cf. J.H. DE JONGE, Sonship, Wisdom, Infancy: Lk 2,41 -51a, NTS 24 (1977- 78)
[2] Cf. R. Laurentin, Structure et théologie de Lc 1-2, Paris 1956
[3] A. SERRA, articolo Bibbia, in Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di Stefano de Fiores e Salvatore Meo, ed. Paoline, Milano 1985, quarta stampa 1996, p.241
A.VALENTINI
A.VALENTINI, Approcci esegetici a Lc 2, 41-52,
In “Theotokos”* anno VI, 1998, n°2, p. 337-374.
[*Rivista Theotokos, via Predestina 1391 – 00010 Colle Predestino (RM).]