La Vergine Maria è la personificazione delle parole di san Paolo, che "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti" (1Co 1, 27). Essa ha seguito e realizzato nella sua vita il senso di kenosis del Logos, al quale ha dato l'ipostasi umana quando "egli spogliò se stesso assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 7).
L'accettazione cosciente della debolezza umana come elemento principale della nuova persona umana in Cristo è l'elemento chiave dell'antropologia cristiana fondata sul tipo della Madre di Dio come Theotokos.
Il fatto è, però, che in tale debolezza si riflette la gloria dell'Onnipotente, come paradosso e stoltezza per la ragione umana, che scuote alle fondamenta l'autosufficienza dell'uomo, le strutture della mente e della società umana, e che provoca i più radicali mutamenti nelle istituzioni gerarchiche e negli ordinamenti ingiusti delle imprese umane, rovesciando i potenti e rimandando i ricchi a mani vuote.
Uno dei testi più sconvolgenti nella in questo senso, è il Magnificat della Theotokos (Lc 1, 49-53). Dice : "ha fatto in me grandi cose", e queste parole sono seguite da un'analisi a tre successivi livelli di queste "grandi cose" compiute in lei, che manifestano il trionfo della debolezza contro l'illegittimo orgoglio, incentrato sull'uomo, contro i potenti e i ricchi.
Nella figura della Theotokos queste triplici potenti strutture dell'umanità (orgoglio, exousia-autorità e ricchezza materiale) sono rimesse in questione, la loro stabilità viene scossa e alla fine distrutta. [...]
Sfortunamente i cristiani ... sono inclini a fare di questo testo un inno magnifico sul piano emotivo, ma a svuotarlo del suo influsso dinamico sulla loro vita, della sua missione rivoluzionaria contro loro stessi e contro l'uso illegittimo del potere nel mondo.
La Theotokos, in quanto incarnazione della potenza di Dio nella debolezza umana è stata così privata del suo ruolo più importante nella comunità ecclesiale che lotta nel mondo.
Fortunamente le condizioni storiche hanno rivelato la dialettica della debolezza alla maggior parte delle antiche Chiese ortodosse, sottoposte ancora, ripetutamente, a un duro martirio. La Theotokos è così diventata il centro della loro attenzione e il loro conforto. Essa le ha preservate, pur nella debolezza, come popolo di Dio, indipendentemente dalle loro strutture e apparenza esterna, creando come loro nerbo una serie di figure deboli e afflitte, i martiri, come testimoni viventi dell'esempio del servo sofferente, a immagine della Panaghia.
Resta da vedere come, in relazione a tale testimonianza, essa possa ispirare creativamente negli ortodossi un atteggiamento dinamico nel campo secolare delle ingiustizie sociali.
Teologo ortodosso, osservatore al concilio Vaticano II.
[Cf. « concilium » 19 [1983] n° 8, 66-91]
G. Gharib e E. Toniolo (ed) Testi mariani del secondo Millennio.
I Autori orientali, Città nuova Roma 2008, p.812-831