Cana, Maria e la gioia

Cana, Maria e la gioia

"Non hanno più vino"

 

(Gv 2, 3)

 

Maria a Cana non dice: « Non hanno più pane », ma « Non hanno più vino ». A Cana, infatti, non si tratta della fame degli uomini, ma della loro festa e della loro gioia. Nel suo primo grande « segno » Gesù si manifesta come colui che porta la gioia piena. I discepoli che credono in lui partecipano della sua gioia e della sua vita.

La gioia cristiana è originata dalla bellezza di ciò che è autenticamente buono e vero, poiché non vi è alcun contrasto tra gioia e valori; essa si distingue perciò radicalmente dal piacere. Mentre facilmente ci stanchiamo del piacere, della gioia non ci stanchiamo mai ; mentre il piacere non può sostituire la gioia, né può produrla quando essa non esiste, la gioia può sostituire il piacere, liberando le persone dal suo bisogno; mentre la gioia è espansiva, la ricerca del piacere tende a creare isolamento.

 

"Rallegrati, piena di grazia..."

(Lc 1,28)

 

Maria insegna che la gioia non la si conquista, non la si possiede, ma la si riceve. La gioia è tale solo se è donata. Essere nella gioia, pertanto, è grazia:

« La nostra gioia non è altro che un riflesso dell'infinita gioia di Dio, in questo senso - che solo la rivelazione ci insegna - che Iddio gioisce di una gioia nuova nell'opera della redenzione dell'uomo, quando un uomo distante e nemico di Lui e ormai irrimediabilmente perduto, viene recuperato e salvato dalla sua misericordia »[1].

 

La storia di Maria, a cominciare dall'episodio di Cana, è un'indicazione profetica che il Regno di Dio è « amore, gioia, pace » ( Gal 5,22)

 


[1] G. DOSSETTI, La gioia donata, a cura di G. Trotta, Roma 1999,  p. 18


Michele Giulio MASCIARELLI, La maestra, lezioni mariane a Cana,

libreria editrice vaticana, 00120 Città del Vaticano 2000, p. 45-49