Virginità nel parto e risurrezione

Virginità nel parto e risurrezione

"Nella riflessione adorante sul mistero dell'incarnazione del Verbo, è stato individuato un rapporto particolarmente importante tra l'inizio e la fine della vita terrena di Cristo, vale a dire tra la concezione verginale e la risurrezione dai morti, due verità che si riallacciano strettamente alla fede nella divinità di Gesù.

Esse appartengono al deposito della fede, sono professate da tutta la Chiesa ed espressamente enunciate nei Simboli della fede. La storia dimostra che dubbi o incertezze sull'una si ripercuotono inevitabilmente sull'altra, come, al contrario, l'umile e forte adesione ad una di esse favorisce l'accoglimento cordiale dell'altra.

 

È noto che alcuni Padri della Chiesa stabiliscono un significativo parallelismo tra la generazione di Cristo ex intacta Virgine e la sua risurrezione ex intacto sepulcro1. Nel parallelismo, relativamente alla generazione di Cristo, alcuni Padri pongono l'accento sulla concezione verginale, altri sulla nascita verginale, altri sulla susseguente perpetua verginità della Madre, ma tutti testimoniano il convincimento che tra i due eventi salvifici - la generazione-nascita di Cristo e la sua risurrezione dai morti - esiste un nesso intrinseco che risponde ad un preciso piano di Dio: un nesso che la Chiesa, guidata dallo Spirito, ha scoperto, non creato.

 

(...) A questo proposito è da osservare che alcuni studiosi, scrutando la sacra pagina con i metodi propri dell'esegesi scientifica, scorgono un rapporto, insito nello stesso testo evangelico, tra le « fasce del presepio» (Lc 2,7,12) e le « bende del sepolcro » (Lc 23,53 ; 24,12). Già i Santi Padri lo avevano rilevato.2

Peraltro la Chiesa nella sua meditazione teologica sul mistero di Cristo ha percorso spesso, piena di amore, il cammino che dal giardino del Calvario conduce al presepio di Betlemme; e nella liturgia ha sempre celebrato il Natale guardando alla Pasqua, così come, celebrando la Pasqua è memore del Natale : e riconosce in Maria la testimone eccezionale dell'identità tra il Bambino nato dalla sua carne verginale e il Crocifisso rinato dal sepolcro".3

 

 


[1] Cf. S. EFREM, Commentarium in Diatesseron 21, 21 : GSGO 14.5,.232 ; S. ISODORO PELUSIOTA, Epist. 1,404; PG 78,408; S. PROCLO DI CONSTANTINOPOLI, Homilia, 33. In s. Apostolorum Thomam, VII, 19-20: «Studi e Testi» 247, p.241; S. PIETRO CRISOLOGO, Sermo84, 3: CCL 24°, p. 518; S. CESARIO DI ARLES, Sermo 203,2; CCL 104, p. 818.

[2] S. EFREM, de nativitate XXIII, 12 : CSCO 187, p. 109 ; S. GREGORIO NAZIANZENO, Oratio 29 (= Oratio teologica III), 19: SCh 250, p. 218; S. MASSIMO DI TORINO, Sermo 39, l: COL 23, p. 152.

[3] Missale Hispano-Mozarabicum, Sabbato Paschae ante octavas. Illatio : Toledo, Conferencia Episcopal Espanola - Arzobispado de Toledo, 1991, p.466.

 

 

Giovanni Paolo II ,

allocuzione a Capua, le 24 maggio 1992, n°5,

in Actae Apostolicae 85, (1993) 2, p.665-666